Italia Femminile, la paranoia dei tacchetti a spillo: i luoghi comuni al centro del campo

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(Photo by Tullio M. Puglia/Getty Images)

Fratelli d’Italia, lo dice l’Inno. Un canto – quello degli italiani – che dovrebbe vederci tutti uniti. Spesso è emerso come lo Stivale si mostri compatto solamente quando gioca la Nazionale: il calcio tira fuori, a modo proprio, quel residuo di spirito patriottico rimasto nella cittadinanza. Per questo imperano anche i luoghi comuni: il mondo del pallone, specialmente in passato, con qualche recrudescenza nel presente, si è nutrito di questi. Una sequela di stereotipi che non fanno bene né al racconto quotidiano di uno sport né a quello analitico: lo scetticismo rispetto al calcio femminile è una testimonianza di come – un certo tipo di Italia – debba ancora fare molta strada. In primis come movimento sportivo.

I recenti successi delle azzurre hanno portato FIGC e Lega a capire che, forse, anzi sicuramente, occorreva e occorre investire sulle quote rosa. Un bel passo avanti rispetto al recente passato, quando in Federazione c’era il “codice Tavecchio” secondo cui il calcio femminile era e restava soltanto una “perdita di tempo per cui non valeva la pena spendere soldi”.

Italia Femminile, il professionismo non abbatte i luoghi comuni

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(Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

Concetto edulcorato, perchè le parole usate furono peggiori e di gran lunga più pesanti. Un muro abbattuto a suon di scuse e ripensamenti. Veniamo ad oggi, dove il calcio femminile non è più una passione di cui stupirsi: le ragazze italiane hanno ottenuto il riconoscimento professionistico. Essere una calciatrice può portare guadagni come all’estero. In Italia siamo solo all’inizio di questo percorso: meglio tardi che mai.

Le norme, tuttavia, non sempre rispecchiano la concezione comune: vale a dire che se una regola sancisce un cambiamento effettivo esiste, in correlazione, anche un tempo in cui le nuove disposizioni debbono essere accettate e introiettate dalla comunità. Questo gap non sempre è uguale, talvolta potrebbe volerci un po’ di più per appianarlo. Affinché leggi e atteggiamenti vadano di pari passo.

Infatti, con rammarico, occorre constatare come nel sentore comune gli Europei femminili che l’Italia sta giocando non siano sentiti e percepiti ugualmente a quelli maschili. Non è obbligatorio essere appassionati di calcio, ci sono – sicuramente – cose più importanti nella vita. La stranezza, per non dire l’incongruenza, è però assistere a discussioni sterili nei bar o in televisione da parte di chi il calcio dovrebbe averlo sempre seguito.

La passione schiava dei pregiudizi

I media si stanno impegnando affinché passi un concetto paritario, ma nella realtà esistono ancora commenti scoraggianti che piombano come un fulmine a ciel sereno nel dibattito comune, che poi occupa – per certi versi – anche giornali e radio. È inammissibile sentire ancora oggi, dopo un passo falso dell’Italia, che le donne non possono andare da nessuna parte. Che è un calcio più lento, meno competitivo e non all’altezza, il loro. Tutte “analisi” che restano impresse come un’etichetta difficile da togliere.

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(Photo by Alessandro Sabattini, Onefootball.com)

Il calcio è di tutti e va seguito con la stessa passione e il medesimo coinvolgimento, a prescindere da chi ci sia in campo e perchè. Siamo una generazione cresciuta con il rettangolo verde in televisione prima e in streaming poi, quindi privilegiata rispetto al passato: possiamo godere di ogni azione e ogni attimo per diffondere opinioni, certezze e idee più o meno articolate. Arginiamo i luoghi comuni e le assurdità: il calcio è passione, uno stato d’animo che corrisponde a un tacito tumulto e non ha genere.

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Perché vogliamo – a tutti i costi – porre barriere laddove non ci sono o non dovrebbero esserci? Torniamo a lamentarci del VAR, dell’arbitro (se serve), dei minuti di recupero. Parliamo di tecnica, tattica e strategie di mercato, come si è sempre fatto. Evitiamo, però, il doppiopesismo dilagante secondo cui una partita, un appuntamento o un eventuale scivolone acquista più o meno valore se a farlo sono le donne oppure gli uomini. L’azzurro è un colore unico, ma non per questo dobbiamo dimenticare le sfumature. Amiamo il calcio, indipendentemente da chi lo pratica. Che forse, tra polemiche e paranoie sterili, ci stiamo tutti perdendo qualcosa. Chi più, chi meno.