Italia-Inghilterra, Southgate e il catenaccio contro i maestri

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(Photo Andrea Staccioli / Insidefoto)

Inutile negarlo. Al gol di Shaw dopo appena due minuti, nonostante ancora 88 minuti di giocare, più di qualche presagio pessimista ha iniziato ad aleggiare sugli umori dei tifosi italiani. Sembrava tutto scritto per il trionfo britannico, con 58mila cuori inglesi a supportare un sogno poi naufragato tra le mani di Gigio Donnarumma. Pronti, via e l’Italia si fa trovare impreparata. Dopodiché è un autentico monologo azzurro, nel gioco e nelle convinzioni. 65% di possesso palla per gli uomini di Mancini. 19 tiri a 6, 6 in porta a 2. Si era a lungo discusso della capacità di questa Italia di essere mutevole, di non limitarsi alla sua fama da ‘catenacciara’ ma di ambire ad un gioco fluido, intraprendente, pregevole.


Una fama che, per una notte, ha provato a costruirsi l’Inghilterra di Gareth Southgate. Il CT britannico rinuncia, negli undici iniziali, alla qualità e alla brillantezza di Jadon Sancho – appena passato al Manchester United per 85 milioni – e di Marcus Rashford. Non opta neppure per l’esplosività di Reece James, fresco vincitore della Champions League con il Chelsea. Tanta robustezza per arginare le sortite azzurre e colpire con la qualità dei trequartisti, a supporto del grande pericolo Harry Kane. Rice e Phillips lottano, Tripper e Walker chiudono gli spazi, Sterling e Mount si muovono per fare male alla difesa di Mancini.


Un’Inghilterra in ‘stile Italia’. Solida e pronta a trasformare in oro ogni spazio appena recuperato il pallone. Una strategia che sembra pagare fino al pareggio di Bonucci. Da quel momento, da superiore, l’Italia diventa letteralmente padrona del campo. Una strategia che farà discutere in Inghilterra, quella scelta da Southgate che inserisce Rashford e Sancho solo per la lotteria dei rigori, venendo tradito proprio da questi ultimi e Saka. Il catenaccio contro i maestri della ‘dura legge del gol’, figli del cinismo machiavellico.