Juventus, Allegri ha gettato la maschera

Serie A

(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Via la maschera, il trucco, il travestimento di scena. Massimiliano Allegri si è spogliato di tutto ciò, di fronte ai microfoni di Dazn. Le parole post partita del tecnico dei bianconeri segnano un punto importante della sua carriera e ridefiniscono il dibattito calcistico intorno alla sua opera. A suo modo, un momento storico, perché parliamo di uno degli allenatori più vincenti dell’epoca recente.

Andiamo a recuperarle, queste parole: “Io mi diverto, quando lo capirete sarà tardi. Volete questo? Io vi racconto le cose al contrario di ciò che penso: Corto muso o sarrismo? Era Juve-Lazio, non Allegri contro Sarri. A chi non piace giocare? Poi ci sono anche gli avversari. Il calcio è anche strategia. C’è da fare contropiede, difendere, la partita non è scritta su un protocollo. Voi la volete così? Io vi accontento”.

Qualcuno obietterà: certo, non ci voleva un genio a capire che quello che Allegri dice nelle interviste, o nelle conferenze stampa, spesso è un copione che fa parte di un personaggio. Ma il fatto che sia lui, in prima persona, a dichiararlo, segna certamente un punto. Svela il suo essere stato, coscientemente e – a suo dire – per divertimento, pedina della società dello spettacolo che ruota intorno al pallone.

La partita tra Lazio e Juventus di ieri sera è stata l’occasione per alzare la barricata nel mezzo e dividere i due fronti: risultatisti e giochisti, fronti impersonati dai tecnici delle due squadre. Non ha vinto né l’uno né l’altro: ha vinto la Juventus, difendendo bene, lasciando pochi spazi agli avversari, dimostrandosi cinica nello sfruttare gli episodi a proprio favore. Ha perso la Lazio che, pur giocando bene e tenendo il possesso, non è stata capace di abbattere il muro difensivo bianconero.

Non esistono risultatisti e giochisti, sono due fronti creati in maniera artificiale. O, meglio, sono tutti risultatisti e giochisti. Chi, nel calcio ad alti livelli, accetterebbe di vedere la propria squadra giocare bene, senza portare punti a casa. Al contrario, chi, pur vincendo, sarebbe pienamente soddisfatto di una squadra che mostra lacune, fa errori, è fragile. Nessuno. A meno che non si voglia alimentare un personaggio, una caricatura, che ieri sera ha gettato la maschera.

Non è intenzione, in questa sede, salire sull’asfaltatrice e piallare il dibattito sul calcio. Le filosofie di gioco esistono, i piani gara anche, e possono essere profondamente diversi tra di loro. Come è legittimo che un tifoso possa preferire un approccio, rispetto ad un altro. Tenere il pallino del gioco e dominare, oppure difendersi e ripartire: in mezzo mille sfaccettature, ad ognuno la sua. Attenzione, però, a partire per il fronte con la bandiera di una fazione in mano, perché spesso sono i “leader” a non credere ai loro stessi proclami.