Kulusevski e non solo: i numeri di maglia più strani del calcio

numeri di maglia strani

La storia del calcio è piena di numeri di maglia strani. Tra assegnazioni in ordine alfabetico tipiche di qualche decennio fa e scelte curiose fatte dai calciatori da quando la numerazione è fissa, sui rettangoli verdi del mondo si è visto davvero di tutto.

Uno degli ultimi a scegliere un numero non comune è stato Dejan Kulusevski, che anche a Torino manterrà il 44 sfoggiato a Parma. Una scelta tutt’altro che casuale, come ha spiegato lo stesso svedese in un’intervista.

“Ero in Svezia a vedere il Manchester United ed ho assistito all’esordio di Januzaj. È entrato con una personalità incredibile, non sembrava che fosse la sua prima partita da professionista. A mio padre ho detto che volevo essere così, che volevo giocare in quel modo. Mi sono affezionato a quel numero: ho letto un po’ di cose e mi sono innamorato.”

Oltre ad augurare a Kulusevski fortune maggiori di quelle del belga, oggi in forza alla Real Sociedad dopo aver deluso le aspettative riposte in lui dal mondo del calcio, passiamo in rassegna qualche altro numero di maglia strano. Motivato o meno che sia.

Gatti, nani e sensi

Iniziamo proprio con un altro 44 visto in Italia. Non quello di Radja Nainggolan alla sua prima stagione da romanista, o quello che da anni accompagna Kostas Manolas, ma uno decisamente più curioso. Forse il più curioso in assoluto. Si tratta, ovviamente, del 44 di Fabio Gatti ai tempi del Perugia. Superfluo specificare il riferimento, più che voluto, del centrocampista classe ’82. Meno voluto, ma ugualmente strano, era il 5 sfoggiato da Stefano Sensi ai tempi del Cesena. 5 come i sensi, appunto, o come il giorno del suo compleanno (5 agosto 1995)? Ambiguo. Cosa che invece, con tutta probabilità, non voleva essere Nani. Sbarcato in Italia per unirsi alla Lazio, il portoghese scelse infatti la maglia numero 7, scatenando facili ironie nel pubblico nostrano.

Attaccanti fantasiosi

A dimostrare una certa fantasia, in Italia e non solo, sono stati anche diversi attaccanti. Due dei più iconici sono stati senza dubbio gli ex nerazzurri Zamorano e Kallon. Come dimenticare l’1+8 stampato sulla maglia del cileno, o il 3 del sierraleonese, che in carriera indossò anche il 2? Alla metà degli anni ’90, una scelta quasi visionaria. Mai, però, come quella di Hicham Zerouali, attaccante marocchino purtroppo scomparso nel 2004, a soli 27 anni, per un incidente stradale. Il cui nome è stampato nella storia del calcio come lo 0 sulle sue spalle, sfoggiato con orgoglio alla prima stagione in Scozia, tra le fila dell’Aberdeen. Scelto in riferimento al suo cognome (nonché soprannome) provocò un certo dibattito nella federazione scozzese, che decise di lasciarglielo per quella stagione ma proibirne l’uso, a chiunque, dalla successiva.

Targhe turche

Tornando a ex Inter e numeri di maglia strani, difficile non citare il 54 esibito da Hakan Şükür. Anche in questo caso, un numero frutto di una scelta precisa. Il 54 è infatti la cifra che compare sulle targhe automobilistiche di Adapazari, sua città natale. Un omaggio alle radici reso da diversi calciatori turchi, tra cui un’altra vecchia conoscenza della Serie A: Salih Uçan. Meteora della Roma, scelse di vestire il 48, cifre delle targhe di Marmaris.

A tre cifre

Nella storia del calcio c’è anche chi non si è accontentato delle classiche, noiose doppie cifre. In un caso, addirittura in Nazionale. Accadde a Thomas Oar, attaccante australiano che, in una partita contro l’Indonesia, indossò il 121. Il motivo? Il suo numero preferito, l’11, era già occupato, e nessuna combinazione matematica lo soddisfaceva come quella, così inusuale. La Confederazione asiatica pretendeva la numerazione fissa per ogni squadra, e fu così che Oar scese in campo con le tre cifre sulle spalle. Un altro caso si registrò in Messico. Protagonista, un altro specialista di numeri strani: Adolfo Bautista. Nel 2006, quando era in forza al Chivas Guadalajara, scese in campo in diverse occasioni con la maglia numero 100, proprio per omaggiare il centenario delle “Capre”. Ma tre cifre le indossò anche una vera leggenda del calcio mondiale, in un’occasione più che speciale. Si tratta di Rogerio Ceni, che giocò una partita con il 618, come il numero di presenze raggiunte con la maglia del San Paolo. Un vezzo, quello del numero strano, che il portiere brasiliano ha coltivato per tutta la sua carriera, indossando lo 01. E qui veniamo al bello di questa rassegna: i portieri.

Capitolo portieri

Si dice spesso che ci voglia una certa dose di follia per giocare in porta. Per Jorge Valdano, i portieri “vivono dentro l’area, una prigione dalle sbarre bianche, adagiate e friabili, hanno due mani di vantaggio sugli altri e, per questo privilegio, si vestono di un altro colore.” E qualcuno, a volte, usa anche strani numeri di maglia. Come dimenticare Lupatelli con la 10 ai tempi del Chievo, Bucci con il 5 e il 7 nella sua seconda esperienza a Parma, o il 14 di Fortin? Ma il caso più interessante è senza dubbio quello di Salvatore Soviero, che indossò il 7, il 90 e poi, per anni, l’8. Una scelta davvero bizzarra, se non fosse per un precedente più che illustre. Stiamo parlando, ovviamente, di Jan Jongbloed, leggendario portiere dell’Olanda degli anni ’70. Più a suo agio con i piedi che con le mani, contribuì in maniera significativa alla leggenda dell’Arancia Meccanica rivoluzionando il ruolo e i compiti del portiere. La prima volta che gli capitò l’8 fu per la già citata abitudine, nel passato, di assegnare i numeri di maglia in ordine alfabetico. Era il 1974. E anche se l’Olanda perse la finale del Mondiale di quell’anno, Jongbloed decise di tenersi il suo numero. Apripista.

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