Simon Kjaer, ritratto di un leader silenzioso

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Nonostante la doppia battuta d’arresto tra Lille e Verona, il Milan si gode il suo buon momento, tra risultati e storie da raccontare. Tra queste senza dubbio quella di uno degli uomini più rappresentativi della rinascita rossonera: Simon Kjaer. Non si parla di una storia d’amore sbocciata a prima vista. Anzi, l’arrivo del difensore nel gennaio 2020, in parallelo con la partenza di un giovane come Mattia Caldara, fu una delle tante manovre inizialmente contestate alla dirigenza rossonera. Kjaer prese il posto di un Caldara che, arrivò al Milan nella veste di difensore del futuro. Investito del ruolo di compagno perfetto per la linea Young and Italian, da formare con il capitano Alessio Romagnoli. L’avventura del giovane bergamasco, tuttavia, tra guai fisici e un decollo mai avvenuto, si è conclusa celermente nel silenzio generale. Caldara ritorna a Bergamo, al suo posto arriva un danese che in Serie A non ha mai lasciato il segno. Arriva Simon Kjaer, un rinforzo poco gettonato che, in poco tempo, ha però conquistato il ruolo di leader del Milan.

L’inserimento immediato di Kjaer

Classe 1989. Kjaer arriva dall’Atalanta, seppur di proprietà del Siviglia. Gli orobici girano il prestito al Milan che, qualora rimanesse soddisfatto dalle prestazioni del centrale, sarebbe impegnato a versare un riscatto da 3,5 milioni di euro agli spagnoli. Kjaer arriva e, in pochi giorni, visti gli infortuni di Musacchio e Duarte, è subito chiamato all’esordio in Coppa Italia contro la Spal. I rossoneri vincono per 3-0 in un match senza particolari patemi. Pochi giorni dopo c’è l’impegno di Serie A contro l’Udinese, i rossoneri vincono ancora, stavolta in rimonta con un gol di Rebic all’ultimo respiro (3-2 finale, ndr). Kjaer è nuovamente titolare.

OneFootball – (Photo by Marco Luzzani/Getty Images)

Il difensore, partita dopo partita, conquista la simpatia e l’affetto di una piazza che lo aveva accolto nello scetticismo. La sua sicurezza, abbinata alla guida costante che rappresenta sul rettangolo verde, ha trasformato in poche settimane Kjaer in uno dei giocatori più apprezzati dalla platea rossonera, nonché uno degli ingranaggi imprescindibili della macchina di Stefano Pioli. Simon Kjaer ha conquistato il ruolo di leader del Milan, incassando i favori della giuria popolare che, oramai, lo considera il vero fulcro della retroguardia, ancor più del capitano Alessio Romagnoli.

Il viaggio di Kjaer che lo ha portato a Milano, inevitabilmente, è passato da diverse tappe della sua carriera, tra cui quella alla Roma nella stagione 2011/12. In giallorosso, il danese cercava la consacrazione, nonché la legittimazione di un percorso iniziato a Palermo. Nella prima società che credette in lui, quando l’allora DS rosanero Rino Foschi lo strappò al settore giovanile del Midtjylland. Nella capitale ci stette un anno, senza far innamorare nessuno. Poi il rientro al Wolfsburg che lo aveva acquistato dal Palermo e che, contestualmente, lo aveva ceduto in prestito ai giallorossi.

La consacrazione totale nel Milan

Dall’addio definitivo all’Italia, Kjaer ha viaggiato per l’Europa vestendo le maglie di Wolfsburg, Lille, Fenerbahce e Siviglia. Poi il ritorno in Italia, in un’Atalanta in versione macchina perfetta che non trova molto spazio per lui. Appena sei presenze a Bergamo poi l’arrivo al Milan. L’arrivo quasi definitivo, con una maturità conquistata e pagine da scrivere. Tra rendimento generale ed individuale, il Milan ha scelto di riscattarlo e, ad oggi, Kjaer è un tassello inamovibile nel puzzle del progetto targato Maldini.

In rossonero, in questi dieci mesi, ha già accumulato 32 presenze confermandosi un silenzioso condottiero carismatico che, oltre ad un’ordinata ed oculata fase difensiva, offre sicurezza e personalità ad un gruppo che ha saputo risalire l’abisso in cui stava sprofondando. In attesa di capire cosa potrà conquista questo nuovo Milan, Simon Kjaer conquista la guida di uno spogliatoio di cui ne è leader naturale, alla pari di Zlatan Ibrahimovic. Kjaer simboleggia in modo simbiotico il momento positivo dei rossoneri, di cui ne ha assunto volto e rappresentanza, nonché essendone uno dei maggiori artefici. Una storia romantica non molto dissimile dal percorso affrontato da Stefano Pioli.