Throwback Prandelli-Fiorentina: dov’erano gli altri mister 15 anni fa?

GIUSEPPE CACACE/AFP via Getty Images

Rivedere Cesare Prandelli alla Fiorentina avrà aperto il cuore di qualche nostalgico. In attacco il tandem Toni-Mutu, in panchina il tecnico di Orzinuovi, e sono fiumi di lacrime per i tifosi viola.

L’inizio della storia d’amore tra Prandelli e Firenze è nell’estate del 2005. Prima del Mondiale in Germania, prima del Triplete dell’Inter e pochi mesi dopo la finale di Istanbul tra Milan e Liverpool. Calcisticamente (e non solo) parlando, sembra trascorsa una vita intera.

Ma ora che Prandelli e la Fiorentina iniziano una seconda avventura insieme, c’è una cosa curiosa da credersi. Dov’erano, e soprattutto cosa stavano facendo, i suoi colleghi quando lui arrivava per la prima volta a Firenze?

Nella lontana stagione 2005-06 solamente 8 degli attuali 19 rivali di Prandelli in Serie A allenavano. L’attuale leader della Serie A, Stefano Pioli, tentava – vanamente – di portare il Modena in Serie A. Rolando Maran viveva una stagione turbolenta (e chiusa con l’esonero in quel di Brescia). Luca Gotti muoveva ancora i primi passi da tecnico nella Primavera della Reggina. Claudio Ranieri, invece, era già un maggiorenne della panchina, visto che proprio quell’estate superava i 18 anni da allenatore. In quel momento storico l’attuale mister della Samp era ‘a piede libero’, dopo l’esperienza con il Valencia e prima che il Parma lo riportasse in Serie A. Si muoveva ancora nelle categorie minori Gian Piero Gasperini, allenatore a Crotone dopo la trafila nelle Giovanili della Juventus. Viveva una stagione travagliata Marco Giampaolo ad Ascoli, così come Giovanni Stroppa in quel di Chiari. Muoveva i primi passi da allenatore l’unico mister straniero nella nostra attuale Serie A, Paulo Fonseca, all’epoca alla guida della Estrela Amadora.

Iniziava a Siena, da viceallenatore di Luigi De Canio, il percorso in panchina di Antonio Conte, dopo che Fabio Capello ne ostacolò la permanenza, a fine carriera, nello staff della Juventus.

Finiva in quell’estate la carriera da giocatore di Eusebio Di Francesco, che appendeva gli scarpini al chiodo dopo un solo anno alla guida del Perugia. Da lì a tre anni inizierà un percorso da allenatore dalla Virus Lanciano ora lo ha portato in Serie A.

Gli altri, non per far sentire ‘maturo’ il buon Prandelli, erano tutti calciatori. E qualcuno di questi, da lì a brevissimo, si sarebbe tolto delle soddisfazioni sportive importanti, a discapito proprio della Fiorentina prandelliana.

E’ questo il caso degli allenatori di Juventus, Napoli e Benevento. Andrea Pirlo, Gennaro Gattuso e Filippo Inzaghi erano reduci dalla clamorosa rimonta in finale di Champions contro il Liverpool, che avrebbero vendicato due anni dopo ad Atene. Ed erano i pilastri sempreverdi del Milan di Ancelotti. Gli ultimi due si sarebbero avviati verso un finale di carriera in rossonero, mentre Pirlo avrebbe vissuto una seconda giovinezza – condita da altri trofei – con la Juventus.

Nell’estate 2005 ci fu anche il ritorno alla Lazio, dopo un prestito alla Sampdoria, per Simone Inzaghi, che 15 anni dopo è ancora in biancoceleste, ma con altre versi. L’unico, insieme a Prandelli, che 15 primavere dopo si trova nella stessa città – e nella stessa sponda – dove li avevamo lasciati. Con la differenza che se ai tempi era lui a far esultare i tifosi, ora è lui ad impazzire quando Immobile e Caicedo ribaltano le partite all’ultimo respiro.

Era già agli ordini del suo grande maestro, Gasperini, Ivan Juric, perno del centrocampo del Crotone, che un anno più tardi avrebbe seguito Gasp a Genova. In mezzo al campo, tra contrasti e geometrie, si stavano già temprando le caratteristiche da allenatore.

Erano ancora centrocampisti di quantità e qualità Vincenzo Italiano e Fabio Liverani, nel pieno delle proprie esperienze con Verona e Lazio. Viveva invece il proprio ultimo anno in campo, prima di intraprendere presto il percorso in panchina, Sinisa Mihajlovic, all’ultimo valzer da mancino terribile nell’Inter. Viveva la sua unica, ma felice, annata a Catania Roberto De Zerbi.

Sono cambiate tante cose rispetto a quando Cesare Prandelli si sedette per la prima volta sulla panchina della Fiorentina. Tra queste, anche le vite dei suoi colleghi. Tra chi giocava, chi vinceva (e avrebbe dovuto ancora farlo), chi già allenava e chi era appena agli inizi.

E già, in 15 anni sono cambiate tantissime cose. Ma in tutto questo, il feeling tra Firenze e Prandelli, e la voglia di quest’ultimo di fare bene, sembrano rimaste intatti.