Ribery sul ritiro: “Dovrò operarmi per condurre una vita normale”

Ribery ritiro

(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

C’è tanta amarezza nella decisione del ritiro di Franck Ribery. Il francese, che ha amato il calcio ed è stato tanto amato, ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo con indosso la maglietta della Salernitana. Il francese ha voluto ripercorrere i passi della sua carriera durante un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Dal passato vincente al Bayern Monaco alla decisione di lasciare il calcio: ecco le sue parole.

Ribery parla del ritiro e non solo…

Ribery ritiro
(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

Ribery ed il ritiro, una decisione imposta

“Nell’ultima settimana ho pensato un po’ di più a questo momento, ma la verità è che non ci arrivo davvero preparato. Ancora tre mesi fa mi sentivo bene. Un ritiro precampionato alla grande, poi le prime fitte al ginocchio dopo un triangolare a luglio. Alla prima di campionato contro la Roma ho giocato sul dolore. Non sono una persona fragile, ma per i 3 giorni successivi non sono riuscito a muovermi. I dottori hanno detto che la situazione era molto grave. Ho provato a recuperare. Non riuscivo a credere di essere costretto a smettere. Avrei voluto  scegliere io quando dire basta”.

Dalle parole alle lacrime

“Ieri ho rivisto il video commemorativo della mia carriera, e ho pianto. Ho una mia sensibilità, un cuore. Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, ma così è brutto. È successo tutto molto di fretta. Troppo. E mi fa male”.

Un’operazione necessaria…per vivere

“Meno di un mese fa sono andato a Monaco di Baviera per un consulto. Pensavo: forse si trova una soluzione. Invece dovrò operarmi, ma solo per riuscire a condurre una vita normale. Però, appena sono rientrato alla Salernitana, tutti mi hanno aiutato. Mi hanno chiesto di restare in qualsiasi altro ruolo avessi voluto. Questo mi è servito a non pensare troppo”.

Sulla decisione di entrare nello staff di Nicola

“Sono molto contento: in futuro vorrei allenare. Mi piace stare sul campo ed essere vicino alla squadra. Ai compagni ho detto che la cosa più difficile per me non era smettere, ma non poter aiutare loro tutti i giorni. Invece continuerò a farlo, in una città dove il calcio si vive come piace a me: compassione. E io sono innamorato del calcio. E poi il presidente Iervolino ha cambiato e sta cambiando le cose: si percepisce che c’è un progetto, una visione del futuro. Salerno merita grandi cose”.

I ricordi del passato

Ribery ritiro
(Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)

La partita simbolo della sua carriera?

“La finale di Champions 2013, vinta col Borussia Dortmund”.

Quella che vorresti rigiocare?

“La finale di Champions persa ai rigori col Chelsea”.

Sulla Fiorentina

“Firenze somiglia a Salerno perché anche lì vivono per il calcio. Città bellissima, piena di turisti da tutto il mondo. Si mangia molto bene. Col club è finita come è finita, ma la Fiorentina è stata una bella esperienza. Peccato aver giocato quasi un anno senza tifosi a causa del Covid. Ma la gente mi ha voluto bene: sono uno che dal campo esce sempre con la maglia sudata”.

Ribery, ora il ritiro è reale. Cosa lascia al calcio?

“Tante cose, credo. Il mio stile di gioco, la mia mentalità, la mia fame. Sono uno venuto dalla strada, e forse oggi non sono più tanti che come me hanno il dribbling, il guizzo, la fantasia… Penso che sia questo che le persone ricorderanno del sottoscritto. Non posso dire di essere stato il migliore, ma certamente sono stato diverso”.

I giovani e i valori

“Oggi per i giovani a volte è troppo facile: girano più soldi, e coi soldi compri la bella macchina e altro ancora. E questo ogni tanto fa perdere il senso della misura. Perciò, vorrei dire loro: oh, amico, sai io dov’ero a 19 anni? Per la strada, in terza serie, dove non c’erano soldi, macchine, niente. Zero. Però ho lavorato, ho fatto sacrifici, e anche quando ho vinto tanti trofei che mi hanno fatto guadagnare tanti soldi, ho continuato ad avere la stessa fame. Ma certi valori non si possono trasmettere: stanno dentro di te. O ce li hai o no”.

Sei stato uno dei primi cinque giocatori al mondo?

“Io? Sì”.