Roma, vietato arrendersi: perchè perdere con la Cremonese può essere la svolta

Roma-Cremonese

Roma-Cremonese, i giallorossi cadono in casa per mano di Ballardini

“Non saper rimediare a una sconfitta è peggiore della sconfitta stessa”, questo striscione campeggiava in Curva Sud immediatamente dopo quel giorno nefasto impresso nella mente dei giallorossi come fosse il 2 novembre. Era, invece, il 26 maggio del 2013 e la Roma periva al cospetto di una Lazio che riusciva a vincere la Coppa Italia in un Derby bello e surreale, emozioni equamente divise da una curva all’altra.

All’epoca sorrideva il Nord, grazie all’uomo della Provvidenza Lulic, contraddistinto dal numero 71 che poi divenne una sigla, identificazione perenne dell’idolatria biancoceleste. La Roma era con il morale a terra e le speranze al minimo: in quel giorno, che coincise anche con il cambio definitivo di stemma (altra mazzata per i puristi e gli amanti del vintage, altrimenti noti come ultimi romantici del calcio), sembrava tutto perso ma una bandiera anticipava il concetto che sarebbe stato espresso al meglio nella stagione successiva con Rudi Garcia alla guida.

Roma-Cremonese: il punto di non ritorno

“Eppure il vento soffia ancora”, concetto che fa il paio con quello di saper rimediare ai propri errori. Tutte cose che oggi, a distanza di tempo, e quando il vento parrebbe soffiare a sfavore, suonano familiari. La Roma, contro la Cremonese, ha toccato il fondo della propria stagione. Prima la tempesta Zaniolo, poi questo: una squadra impresentabile che schiera le seconde linee incapaci di condurre una partita contro una compagine in grande spolvero sì, ma sulla carta abbordabile.

Roma-Cremonese Coppa Italia
Giallorossi fuori dalla Coppa Italia

Il calcio non si contempla, va giocato: quello che viene spontaneo pensare a priori può – e talvolta deve – essere stravolto. Nessuno, però, si aspettava una Roma assente. Anche questo un film già visto: i giallorossi hanno un problema con le partite da dentro-o-fuori, gli esami di maturità. Da sempre. Non serve andare troppo indietro per ricordarlo: Bodo Glimt-Roma, sei gol che fanno male. Sembra una partita di tennis, ma la Roma da quella partita è rinata.

Prossima fermata: Salisburgo

Anche allora sembravano non esserci le condizioni, mancavano i ricambi e le possibilità. Mourinho messo in dubbio, come adesso del resto, e tanti punti interrogativi che la Roma ha risolto a Tirana al grido di “La Roma sì e il Feye no”. Se, dopo Bodo-Roma, avessero chiesto a un tifoso arrivato fino in Norvegia per vedere sei gol subiti, quante chance avevano i giallorossi di vincere la Conference League, quel supporter avrebbe prima riso e poi riservato un insulto a piacere all’intervistatore.

Il clima, oggi, nella Capitale è lo stesso: una squadra a terra, con il morale e le ambizioni sotto zero. Non basta neanche un selfie di gruppo – com’era successo contro il Napoli, dopo un’altra sconfitta ma con più carattere – per risanare gli animi. Serve un segnale, allora è opportuno ricordare nuovamente quello striscione di fine estate 2013: “Non saper rimediare a una sconfitta è peggiore della sconfitta stessa”.

Il tempo per rimediare, almeno quello, i giallorossi ancora ce l’hanno: ci sono riusciti una volta a risalire la china, perché non farlo adesso? Prossima fermata: Salisburgo, obiettivo Europa League. Il primo atto per un posto agli ottavi. Due giorni dopo San Valentino. Se non è romantico questo, cos’altro serve per credere ancora in qualcosa? Non è finita finché non è finita: l’arbitro ha fischiato una volta, ma per l’epilogo effettivo manca ancora molto. Abbastanza per tornare a sorprendersi: chi è romanista, anche a questo, ci ha fatto l’abitudine.